Quando parliamo di Spiderman, quando parliamo dell’uomo ragno, parliamo di qualcosa di più di un supereroe o di un personaggio dei fumetti. Il tessiragnatele appare per la prima volta su un volume a fumetti ben 61 anni fa, sulle pagine di “Amazing Fantasy”, ideato dai soliti Stan Lee e Steve Ditko, ed ha immediatamente un grande successo, tanto da guadagnarsi una sua pubblicazione esclusiva in meno di un anno, con la nascita di “Amazing Spiderman”, tutt’ora in pubblicazione.
La storia di Spiderman
Peter Parker è un ragazzo comune, la cui vita è segnata da dolori immensi e perdite insopportabili, a cui però, seguono vigorose rinascite, ed una vita in cui l’unica costante, l’unico punto fermo e irrinunciabile, è il suo buon cuore, il suo senso di responsabilità, la certezza che, facile o difficile che sia, lui farà sempre e comunque la cosa migliore.
A queste caratteristiche, si sommano un’intelligenza straordinaria, una sfiga ancor più straordinaria, ed un umorismo tutto particolare, mai volgare.
In un modo che forse nemmeno Batman è riuscito a eguagliare, Spiderman è diventato persona oltre il personaggio, un’idea che ha preso vita, si è scolpito nell’immaginario popolare superando ogni confine, ogni barriera culturale o linguistica. Troviamo sue reinterpretazioni in tutto il mondo, persino in India, Africa o Giappone, ed ogni volta che gli viene dedicato un progetto che non sia un fumetto, il mondo per un attimo si ferma e presta ascolto. In oltre sei decenni le sue storie a fumetti hanno attraversato l’intera vita di milioni di persone, che in qualche modo hanno condiviso con lui dolori che segnano profondamente l’esistenza, che ti insegnano a dare valore alle persone, ai sentimenti, alla vita stessa.
Per tutti questi motivi, dai tempi del primo Spiderman di Sam Raimi, del 2002, ad oggi, ogni iterazione cinematografica si è dovuta porre il problema di raccontare un personaggio estremamente sfaccettato, ricco di significati, valori e contrasti, estremamente difficili da racchiudere in film che non cadano nella tentazione di raccontare la banale storia dell’eroe che combatte il male e salva il mondo.
Questo comporta un’enorme responsabilità, a livello creativo, ed enormi aspettative quando si tratta di risposta del pubblico.
“Spiderman: Across the Spiderverse” è uscito il 1° giugno del 2023, per la regia di Joquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson. E se i loro nomi non vi dicono nulla, tranquilli, a noi hanno fatto lo stesso effetto.
Kemp Powers, regista, sceneggiatore e drammaturgo, è il più noto di loro, tanto che nel 2021 è stato candidato all’oscar per la migliore sceneggiatura non originale col suo “Quella notte a Miami”, adattamento cinematografico di un suo dramma del 2013. Oltre a quello è stato co-regista di Soul, della Pixar, nel 2020.
Joaquim Dos Santos non ha a curriculum particolari capolavori, e Justin K. Thompson e persino privo di una sua pagina wikipedia. A sentirne i nomi, quando è stato annunciato il film, uno si sarebbe potuto immaginare i personaggi dei tre sceneggiatori in Boris.
E invece…
“Across The Spiderverse” è il sequel diretto di “Into The Spiderverse”, conosciuto in Italia come “Un Nuovo Universo”, che già ai tempi della sua uscita fu accolto come “miglior film di Spiderman”, quantomeno dalla critica e dalla fanbase.
I risultati al botteghino furono buoni, con 350 milioni di incassi a fronte di 90 milioni di costi, ma imparagonabili a quelli dei film live action, che vanno dai 700 milioni di “The Amazing Spiderman 2” ai quasi 2 miliardi del recente “No Way Home”. Questo ci fa pensare che il fatto di trovarsi di fronte ad un film animato risulti in qualche modo come un malus, come se il pubblico generalista lo percepisse come “roba per bambini”.
E non potrebbe essere una percezione più lontana dalla realtà.
Ripassino su “Into the Spiderverse”
La trama di “Into The Spiderverse” si prendeva licenza di raccontare una storia di formazione originale, scritta da Dio, e animata su standard tecnici e creativi a dir poco eccellenti, a mio modo di vedere superati solo da “Arcane: League of Legends” del 2021, pubblicato da Netflix. I personaggi al suo interno, tutti, teoricamente, Spiderman alternativi al Peter Parker dei fumetti, venivano costruiti in maniera profonda, costituendosi immediatamente come realtà organiche, vive, uniche, che non ti facevano minimamente sentire la mancanza dell’arrampicamuri originale, comunque rappresentato da una sua versione stanca, invecchiata e psicologicamente abbruttita, divertente e malinconica al contempo.
Il protagonista era Miles Morales, lo spidey dell’universo Ultimate, un mondo in cui Peter Parker è rimasto ucciso nella saga “La morte di Spider-Man”, e la sua eredità ragnesca è stata raccolta dal giovane di origini portoricane, primo Spiderman nero della storia. Attorno a lui vedevamo riunirsi un cast di spidey da altri universi, tra cui Spider Gwen, la Gwen Stacy che nei fumetti, e in Amazing Spiderman 2, moriva tra le braccia di Peter, diventando il suo eterno rimorso, nonché tragico grande amore.
Per una volta, in una origin story di Spiderman, non ci siamo trovati di fronte all’ennesima riproposizione della morte del povero zio Ben, e la figura genitoriale di zia May è sostituita da quella di Jeff, padre di Miles.
Lo stile d’animazione splendido ed una trama originale e coraggiosa, fecero di quel film un istantaneo classico per gli appassionati del genere.
Spiderman: Across the spiderverse
No spoiler
Ecco. L’ambizione, la scrittura e la realizzazione tecnica di questo sequel, fanno persino impallidire quelle di “Into the Spiderverse”, portando questo film animato a tutt’un altro livello, letteralmente impressionante.
Ci siamo seduti in sala, si sono spente le luci, e già soltanto i titoli di testa ci hanno fatto percepire la cura straordinaria degli autori, degli animatori, nel regalarci ad ogni fotogramma un quadro, una vignetta animata di una qualità assurda.
Il film inizia con quello che potremmo definire un prologo. Non il classico spiegone, né un riassunto delle puntate precedenti, ma un vero e proprio tuffo nella caratterizzazione di un personaggio che da secondario si fa co-protagonista: parliamo di Gwen Stacy.
La colonna sonora, potente, intensa, entra immediatamente a gamba tesa sullo spettatore, fondendosi coi colori e con le animazioni in un’unione che non si scioglierà fino al termine dei titoli di coda. Queste ultime poi sono di una bellezza straordinaria. I personaggi hanno un design splendido, Gwen, nel suo stile fumettoso, risulta immediatamente umana nelle sue espressioni, nella sua mimica, nei suoi gesti, tanto che entra tutto a far parte di una caratterizzazione profonda che ti fa affezionare a lei. Il modo in cui si relazione con suo padre, poi, spezza letteralmente il cuore. In lei vedi la ragazzina ribelle in cerca di sé, una bambina ferita in cerca di un abbraccio, ed una donna forte e consapevole, capace di autodeterminarsi.
Gwen dimostra che anche in prodotti “pop”, pensati per il grande pubblico, è possibile scrivere personaggi femminili forti, belli, coerenti, sfaccettati, con caratteri tridimensionali, in cui le ragazzine possano riconoscersi. Gwen è terribilmente umana nel mostrare i propri sentimenti, nel fare errori, nell’arrabbiarsi, nel soffrire. Ed è eroica nella sua scelta di indossare una maschera come un distintivo, per difendere ciò che ritiene giusto e le persone che ama. Non ha sempre ragione, non ha la verità in mano, non è il deus ex machina che arriva a risolvere le situazioni quando il maschio impotente di turno fallisce, non c’è stupida retorica nella scrittura del suo personaggio. È una ragazza ed una Spiderwoman, e non le serve andare a castrare intellettualmente altri personaggi maschili per dimostrare il proprio valore. Anzi, la sua dinamica con Miles è incredibilmente tenera, ma di questo parleremo nella sezione spoiler.
A loro si aggiunge un cast di supporto ancora una volta straordinario, con, in particolare, lo Spiderman indiano, Pavitr Prabhakar, apparso per la prima volta nei fumetti nel 2005, e Spider Punk, Hobart Brown, le cui origini fumettistiche risalgono al 2015.
Se la loro presentazione avviene immediatamente in chiave comica, il film ci mette pochissimo a presentare il loro lato più profondo e tragico. Perché per ogni Spider-persona c’è uno zio Ben, una Gwen Stacy, un Capitano della polizia, come se il dolore fosse una tappa necessaria del loro percorso di formazione.
Tornando al nostro protagonista, Miles, oltre ad approfondire meglio la sua personalità e le sue evoluzioni caratteriali, conosciamo maggiormente la sua famiglia. Già conoscevamo suo padre, Jeff, il cui rapporto conflittuale con lo zio di Miles, Aaron, era stato al centro della trama del primo film. Qui abbiamo modo di incontrare Rio Morales, la mamma, il cui personaggio, probabilmente, meriterebbe uno spin-off ad hoc. In lei troviamo una madre latina, apprensiva, impulsiva, e persino un po’ possessiva rispetto al proprio bambino, ma al contempo comprensiva, sensibile ed estremamente dolce. In lei troviamo una capacità di ascolto che la porta a crescere, come persona, insieme a suo figlio, superando i propri limiti per risultare un supporto, e non un limite, alle ambizioni di Miles.
Viviamo le dinamiche famigliari della famiglia di Miles in parallelo e, in un certo senso, in contrapposizione a quelle della famiglia Stacy, e il film in questo senso ci regala momenti a dir poco memorabili per la commozione che suscitano. A differenza dei vari film del passato, in cui inevitabilmente si cercava di passare per la morte di zio Ben per motivare la nascita e crescita di Spiderman, qui le difficoltà famigliari dei protagonisti servono a motivare la crescita delle persone sotto la maschera. Miles e Gwen esistono come persone, prima che personaggi, e li ami per questo. E come loro, Peter B. Parker, che torna nella sua versione più matura e adulta. E anche in lui, nonostante l’età più avanzata, notiamo una maturazione caratteriale rispetto alla sua apparizione nel primo film.
Un film sui supereroi, comunque, non può essere veramente bello senza un cattivo di livello, e qui non si fa eccezione. Nelle prime scene del film facciamo presto conoscenza con Spot, Macchia, che a livello fumettistico non è uno dei “grandi nemici” di Spidey, anzi.
E proprio questa sua subalternità ha offerto agli autori la possibilità di muoversi liberamente nella sua caratterizzazione, per farne inizialmente un personaggio comedy stra-divertente, ed in seguito…
Beh, il seguito lo affrontiamo tra poco, nello spazio spoiler. E parleremo anche di altri personaggi notevoli, che ora non possiamo citare.
Tornando al film, quello che possiamo dire senza fare spoiler, è che la sua visione, specie in sala Imax, regala un’esperienza tanto intensa da risultare fisicamente stancante, ad un certo punto. Ma non per noia o fastidio, bensì per il continuo saliscendi emotivo, le scariche di adrenalina garantite dalle scene d’azione, dalle animazioni perfette, dalla fisicità affascinante dei protagonisti, la colonna sonora incalzante…
Voto al film
Per tutto quello che abbiamo detto fino ad ora, il film si becca un meritatissimo 5 su 5. Non esistono i film perfetti, e mai esisteranno, ma esistono i film che incarnano alla perfezione ciò che si propongono di essere, e che interpretano brillantemente lo spirito del proprio tempo, in maniera ora più leggera, ora più profonda, dosando con equilibrio e sapienza i giusti ingredienti. Questo è il caso. Spiderman: Across the Spiderverse è un film perfetto per quello che vuole e deve essere, e con “Beau ha paura” rappresenta l’esempio più brillante di cosa significhi fare cinema nel 2023.
Spiderman: Across the spiderverse
Spoiler alert
Cominciamo dal vero “villain” di questo film di Spiderman.
Ovvero Spiderman stesso.
Il film ci presenta, sì, Spot, l’uomo-dalmata le cui macchie rappresentano portali per il multiverso, facendone un cattivo inizialmente “buffo” che va crescendo e costituendosi come vera minaccia col procedere del racconto. Ma a farci veramente paura, sin dal primo istante in cui appare, è Miguel O’Hara, lo Spiderman del 2099, creato nel 1992 da Peter David e Rick Leonardi. Qui ci appare immediatamente come un eroe controverso, dai modi severi, dal carattere rigido. Buono, sì, ma indurito e per certi versi spietato.
Ci viene presentato al fianco di Jessica Drew, un’altra spiderwoman, interpretata da Issa Rae, che oltre a darle la voce, ne ispira i tratti del volto e la fisicità. Jessica appare, fighissima, a bordo di una moto, che usa come arma per colpire i propri nemici. Notiamo immediatamente come abbia il pancione da donna incinta, e ce lo conferma lei stessa poco dopo aver posto fine, con Miguel e Gwen, ad una spettacolare battaglia contro un “Avvoltoio” di epoca Shakespeariana, disegnato con uno stile tutto suo, in bianco e nero, e dotato di una parlantina aulica che ne fanno immediatamente un cult assoluto.
In Miguel e Jessica, nelle loro interazioni nel momento in cui incontrano Gwen per la prima volta, vediamo un’altra immagine di famiglia – nonostante non sia Miguel il compagno di Jessica – ancora diversa rispetto a quelle che abbiamo discusso superficialmente nella parte no-spoiler.
Lo spidey del 2099, pur essendo in teoria, uomo del futuro, rappresenta una figura genitoriale vecchio stile, un uomo rigido, indurito dall’esperienza, cui demandare i lavori più duri, moralmente e fisicamente. E così vuole porsi anche nell’incontro con Gwen, ma il fallimento del suo approccio è immediatamente certificato dalla sua incapacità di risolvere il problema senza che le due Spiderwoman combattano con lui.
Nonostante questo, ci appare diverso dagli altri Spiderman. Manca del loro umorismo, ha un viso smunto, emaciato, quasi a ricordare un vampiro, e quando ci viene svelata la sua storia, capiamo il perché.
Lui è a capo dell’organizzazione multiversale degli Spiderman, e, un po’ come l’organizzazione sottoposta a Kang nella serie di Loki, vigila affinché anomalie non portino alla disgregazione del multiverso per via di alterazioni del canone.
In sostanza deve impedire che la gente andando a spasso in universi non propri, ne alterino il destino, creando paradossi irrisolvibili.
E qui abbiamo diverse sorprese inattese. Una consiste nel vedere gli Spidey di Tobey Maguire ed Andrew Garfield, ripresi nel momento in cui piangono sui cadaveri di zio Ben e Gwen Stacy, tratti dai film del 2002 e del 2014. L’altra, la più importante, consiste nel sentire Miguel parlare di Doctor Strange e Peter Parker che in “No Way Home” creano tutto il casino che chi ha visto il film conosce bene.
Questa citazione porta, in qualche modo, anche questo universo ad essere potenzialmente coinvolto nell’MCU, con una vaga possibilità di avere, in futuro, un Miles Morales in carne ed ossa che si presenta allo Spiderman di Tom Holland, per esempio.
Tornando a Miguel, il suo personaggio porta dentro sé il dolore di essere stato causa scatenante della prima, grande, anomalia capace di rompere un canone e annichilire un intero universo. L’universo in cui si era stabilito dopo aver abbandonato il proprio, sostituendo una versione di sé morta, per prenderne il posto all’interno della sua stessa famiglia, e crescerne i figli, ad un certo punto inizia a collassare, distrutto dalla sua stessa presenza. Con le sue azioni ha modificato a tal punto la vita delle persone attorno a sé, da privare l’universo della sua naturale consequenzialità. E in quello scenario, vede la propria famiglia dissolversi tra le sue dita, similmente a quanto successo ai sopravvissuti al Blip di Infinity War, ma su scala ancora maggiore.
Distrutto dall’immane tragedia, O’Hara cambia, costituendosi a severo vigilante, determinato a fare in modo che nulla di simile avvenga più. E dalla sacralità del proprio compito, trae la spietatezza che lo porta a scontrarsi violentemente con Miles, quando a questo viene vietato di correre a salvare suo padre, il quale, come Capitano della Polizia di New York, è destinato a morire. Proprio come avviene storicamente al Capitano Stacy, il padre di Gwen.
E Gwen, che dopo aver visto suo padre puntarle un’arma contro nel tentativo di arrestarla, se ne è allontanata, è conscia che questo destino attende anche suo padre.
Il padre di Gwen odia la spiderwoman del proprio universo perché convinto che abbia ucciso il giovane Peter Parker, unico amico di sua figlia Gwen, in una realtà alternativa dove questi non ha subito il morso di ragno, e per difendersi dai bulli e fare colpo su Gwen, si rivolge alla pozione di Lizard, trasformandosi in una gigantesca lucertola assassina che la stessa SpiderGwen affronta e di cui non riesce a impedire la morte.
Tutte le scene tristi che abbiamo elencato, ci vengono effettivamente mostrate, e ognuna di esse porta con sé un carico emotivo non indifferente, utile a darci personaggi tridimensionali, da odiare, amare, compatire, ammirare… ed il tutto senza lunghi spiegoni o dialoghi statici. La storia si dispiega davanti ai nostri occhi in quadri dinamici e avvolgenti, accompagnati, arricchiti e colorati da una colonna sonora strepitosa e da una regia semplicemente maestosa.
Miguel O Hara, come detto, risulta in qualche modo il cattivo della storia, seppur dotato di buoni intenti. Ma non è l’unico. Perché oltre a Spot, sul finale del film, torniamo a incontrare Aaron Davies, lo zio di Miles dell’universo 42. Qui però, a differenza del mondo d’origine del ragazzo, non è lui ad interpretare Prawler.
L’universo 42 infatti è quello da cui arriva il ragno che ha morso Miles, creando un’anomalia che porterà alla morte di Peter Parker, come abbiamo visto in “Into the Spiderverse”. Nell’universo da cui ha origine quel ragno, e da cui viene strappato, non c’è, dunque, nessun uomo ragno. E questo è tra le cause del decadimento di New York, che si trasforma in una città dominata dal crimine. E in questo scenario, a interpretare Prawler, come detto, non è lo zio Aaron, ma Miles stesso. Un Miles spietato, il cui genio è prestato al crimine.
Cos’altro dire? Di Spot non abbiamo forse sottolineato abbastanza la crescita come cattivo. È vero che forse la sua backstory è la più debole, rispetto a quelle di Miguel O Hara e Prawler, ma della sua presenza scenica non si può dire altrettanto. Inizialmente il suo personaggio risulta stra-divertente, perso tra la propria goffaggine ed il narcisismo di volersi costituire a “nemesi” dell’Uomo Ragno. Poi però, acquisendo poteri sempre più devastanti col procedere del film, diventa una creatura minacciosa e inquietante, trasformando la propria goffaggine in pura cattiveria.
Le sue motivazioni sono abbastanza banali, trattandosi di vendetta, ma la sua messa in scena diventa col tempo imponente e minacciosa.
Passando ai personaggi di supporto, parliamo per un attimo del capitano Stacy, padre della nostra Spider Gwen. Nelle prime scene lo vediamo come un uomo affettuoso, nonostante l’addestramento militare e la carriera nella polizia. Guarda alla figlia con un misto di orgoglio e timore, viste la sua straordinaria intelligenza e il suo spirito ribelle e un po’ punk. Quando lo ascoltiamo chiederle un abbraccio, ci ha fatto sciogliere sulla sedia vederla scattare come una bimba innamorata del proprio papà. La Gwen che pochi minuti prima suonava frenetica la batteria in una specie di provino con le “Mary Janes”, venendo cacciata per la troppa aggressività, si trasforma in un istante in una ragazzina spaventata che si avvolge intorno al proprio papà.
Il secondo incontro con il capitano Stacy lo abbiamo dopo lo scontro di Gwen con l’avvoltoio rinascimentale – colpo di genio totale, peraltro. Qui vediamo un uomo, un soldato, distrutto dal proprio dovere, che lo obbliga a minacciare con una pistola la propria figlia, sospettata di essere l’assassina del giovanissimo Peter Parker. La figura dell’uomo, da padre amorevole e comprensivo, si adombra fino a diventare quella del braccio cieco e sordo della giustizia, che non si ferma nemmeno di fronte allo sguardo supplicante di sua figlia, che è disposto ad arrestare, contro cui punta una pistola.
Il terzo incontro, in una sorta di percorso di redenzione, lo abbiamo sul finire del film, quando lo troviamo distrutto dal rimorso e dal dolore di aver perso una figlia. Gwen, infatti, dopo il tentato arresto da parte di suo padre, si unisce a Miguel e Jessica e per mesi vaga di universo in universo cercando di sistemare falle e anomalie, lasciando suo padre senza un messaggio o una traccia per trovarla.
Qui troviamo un uomo pentito, che ha abbandonato la polizia e rinnegato tutto ciò in cui ha sempre creduto, per giungere finalmente alla decisione di ascoltare e comprendere sua figlia, unica cosa cui realmente tenga.
Poi abbiamo i genitori di Miles. Il nostro Spiderman Portoricano ha 15 anni all’inizio del film, e ha tutti i problemi che può avere un 15enne che ad un certo punto scopre di potersi arrampicare sui muri e avere la forza proporzionale di un ragno. Se già conoscevamo suo padre Jeff, che rispetto al primo film, ora ha creato con Spiderman un rapporto abbastanza simile a quello che intercorre tra Jim Gordon e Batman, qui conosciamo più a fondo Rio Morales, la mamma di Miles.
Il suo modello 3D è di una bellezza e una dolcezza sconcertanti. Il modo in cui è animata poi, rende l’idea dei suoi modi materni energici, ricchi di carattere e sensibilità. Le interazioni famigliari dei Morales strappano più di una risata, come tante parti del film, ma al contempo restituiscono un calore umano straordinario. Tu gli vuoi bene. E quando Miguel O Hara confessa a Miles che suo padre è destinato a morire, ti senti partecipe del dolore di Rio e dell’angoscia del ragazzo.
E qui veniamo forse all’unico punto che un pochino ci ha fatto storcere il naso. Spiderman è un eroe straordinario, che tira fuori il massimo quando messo sotto pressione e obbligato a tirare fuori un coniglio dal cappello per salvare un innocente, o qualcuno di caro. Com’è possibile che migliaia di Spidey da migliaia di universi, si sottomettano a Miguel O Hara senza questionare minimamente sui suoi metodi spietati e violenti? Stiamo parlando di migliaia di simil-Peter Parker che decidono di spegnere il cervello per seguire un capo carismatico dai metodi completamente in contrasto con quelli dello Spiderman che conosciamo?
E Gwen? Accetta passivamente di vedere suo padre morire “perché il canone dice così”?
E poi, quando Miles cerca di scappare dalla base degli Spiderman, davvero tutte quelle versioni dell’arrampicamuri obbediscono passivamente all’ordine di catturare Miles, per farsi peraltro uccellare bellamente dall’ultimo arrivato?
Ok che, teoricamente, Miles lì è l’unica spider-persona a voler agire secondo giustizia – altra cosa piuttosto strana vista l’etica degli Spiderman di tutti gli universi. Ma c’è un limite alla sospensione dell’incredulità, e vedere un giovane spiderman prendere in giro e “battere” migliaia di suoi simili, spesso più forti ed esperti… Meh. Ecco. Forse l’avrei pensata un filino meglio.
Cos’altro dire? Innanzitutto, che abbiamo a che fare con la migliore trasposizione del multiverso dell’ultimo periodo Marvel. Dopo tutta la delusione data dal vedere il film su Doctor Strange trattare solo di striscio, ed in modo affatto interessante, la questione degli universi muiltipli, finalmente qualcuno si è preso la briga di affrontare il tema in maniera vagamente più estensiva, offrendoci un’idea delle regole alla base degli universi e delle loro interazioni reciproche. Il momento in cui Spot arriva nell’universo di Lego Spiderman ci ha fatto morire dal ridere, come anche poi realizzare che anche quel mondo risulti in qualche modo canonico, e che abbia relazioni importanti con gli altri.
Conclusioni
Il film è una continua pioggia di citazioni e riferimenti ad elementi della cultura pop e nerd. Vediamo la Spider Mobile ad un certo punto, o il videogioco di Spiderman per PS5 girare su una tv. E via così, andando ad arricchire ogni quadro, ogni vignetta animata, con dettagli unici capaci di scaldare il cuore di chi guardi il film abbastanza volte da accorgersi di ognuno di essi.
Stiamo sicuramente dimenticando qualcosa, ma questa parte “spoiler” vuole essere solo una chiacchierata in libertà con voi che avete avuto la pazienza di ascoltarci fino ad ora. Se volete farci ricordare altri momenti memorabili del film e dirci la vostra su di essi, scrivete un commento qui sotto e diteci la vostra.