L’Oscar alla migliore attrice protagonista, quest’anno, ha un nome ed un cognome: Emily Jean Stone, per gli amici, Emma. E in un anno in cui non fosse uscito Oppenheimer, a questo film potrebbero tranquillamente andare anche l’Oscar per la migliore regia, quello per il migliore attore non protagonista, quello per la migliore sceneggiatura non originale, colonna sonora, fotografia, costumi, trucco, e, già che siamo qui, quello per il migliore film.
“Povere Creature”, “Poor Things”, di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone, Willem Dafoe e Mark Ruffalo, se non si fosse capito, ci ha fatto impazzire.
Aspettative dal trailer del film
Se dobbiamo essere sinceri, le aspettative che avevamo per questo film, almeno inizialmente, erano buone, ma non straordinarie. Il trailer diceva di una fotografia coraggiosa, costumi barocchi, personaggi surreali, musiche ricercate ed una Emma Stone estremamente eccentrica nella sua interpretazione di un personaggio “strano”, come la sua Bella Baxter. Ingredienti interessanti, ma pericolosissimi, perché difficili da mixare senza esagerare o senza mancare l’obiettivo.
In più, di Lanthimos, non avevamo apprezzato pienamente “La Favorita”, film per il quale invece avevamo aspettative piuttosto corpose all’epoca.
Da dove muove la trama
Ma è bastata la prima scena a farci ricredere.
Emma Stone è Bella Baxter, una ragazza, incinta, trovata morta e riportata in vita dal dottor Godwin Baxter, per gli amici God, Dio. Questi, interpretato da Willem Dafoe, è un vecchio scienziato e professore universitario di chirurgia, vistosamente sfigurato in viso e nel corpo da un padre che lo usava per i propri esperimenti sulla natura umana, privo di qualsiasi scrupolo morale o istinto protettivo. E God, in qualche maniera, ne ha seguito le orme, diventando un genio capace di ridare la vita alla suicida Bella. Ma immediatamente lo vediamo distanziarsi da suo padre quando si fa uno scrupolo morale che è anche un’immediata critica al sistema sanitario e psichiatrico del suo tempo – siamo in un immaginario fine ‘800/inizio ‘900 – non troppo dissimile da quello del nostro, di tempo.
God è conscio che se riportasse in vita la donna, peraltro incinta, così com’è, ne cagionerebbe o la detenzione penale o comunque l’internamento a vita in un manicomio, come per una criminale o una malata. In più, parafrasando, dice: “chi sono io per andare contro la sua volontà riportandola indietro dopo una scelta così netta?”. Così fa quello che alla sua mente, geniale e perversa, pare essere la cosa più sensata: salva il feto e con un trapianto ne inverte il cervello con quello della madre morta, dando vita ad una creatura col cervello di un neonato ed il corpo di un’adulta. E da quel momento, ne fa praticamente una figlia. Bella Baxter, per l’appunto.
Figlia ed esperimento scientifico. A tal proposito, assume uno dei suoi studenti, Max, interpretato da Rami Youssef, per avere qualcuno che osservi e annoti, al dettaglio, i progressi cognitivi e posturali di Bella, giorno per giorno, ora dopo ora.
Le complesse relazioni di Bella con Max e God
Max ci viene raccontato come un ragazzo mite, gentile, anche dolce e paziente, estremamente affascinato da Godwin e deciso a segurine le orme, in ambito scientifico e accademico.
Vedendo Bella una prima volta, ne nota immediatamente la bellezza fisica, e scambia i suoi atteggiamenti eccentrici per un ritardo cognitivo. Non scopre immediatamente la verità dietro la condizione della donna, e qualcuno, tra i tanti commentatori che hanno descritto il film, a questo punto tende a dire che “se ne innamori”. E a noi questa cosa mette letteralmente i brividi. Perché pur senza conoscere la verità, chiunque veda Bella in quello stato, entra a contatto con un individuo dalle capacità cerebrali tanto limitate da non lasciar intendere minimamente nemmeno la capacità di intendere e volere. Bella, all’inizio della storia, ha dentro di sé il cervello di una bambina di pochi mesi. E in quello stadio, si tratta di un cervello ancora incapace di ragionare secondo le categorie di causa ed effetto, e quindi assolutamente primordiale a livello di coscienza e arbitrio.
Come si può pensare che si tratti di “amore” tra un adulto ed un neonato? È Godwin a introdurre la questione la prima volta, quando dopo alcune settimane propone a Max di sposare Bella a patto di firmare un accordo che obblighi lui e la ragazza a vivere per sempre lì con lui. Ma da Godwin ce lo si aspetta, non risulta strano. È un uomo che di amore, nella sua vita, non ne ha esperito mai. Suo padre lo trattava come una cavia da laboratorio, al punto di privarlo fisicamente di organi interni utili alla digestione come all’accoppiamento. E quando God racconta queste cose, allo spettatore viene da ridere, ma la rappresentazione del padre come di una creatura gelida e anaffettiva è un’altra critica, espressa per simboli ed esagerazioni, alla genitorialità in generale. E genitore, inizialmente freddo e spietato, è anche Godwin per Bella.
Il problema è se di “amore” tra Max e Bella, arriva a parlare un commentatore esterno, nel 2024. Perché Max di fatto è il personaggio più positivo, tra tutti quelli maschili, ed è quello più protettivo e affettuoso nei suoi confronti. Ma questo non lo sottrae dall’essere un uomo del suo tempo, non ne fa un eroe candido ed un esempio, perché la relazione che intesse con Bella è squilibrata e necessariamente manipolatoria.
Perché Bella pende dalle labbra di God, Bella, al mondo, non ha visto né conosciuto nulla all’infuori di ciò che God, il suo Dio, le ha mostrato. Solo che, a differenza di una bambina, col corpo di bambina, lei si ritrova presto a scoprire degli organi sessuali perfettamente formati, e tutte le tempeste ormonali ad essi associate.
Dopo aver preteso di fare una piccola gita, cui God e Max acconsentono, Bella dà in escandescenze quando le viene negato di scendere dalla carrozza per un gelato. Qui lei esplode e diventa violenta, come un bambino cui è negato un capriccio. Con la differenza di avere l’aggressività di un infante moltiplicata per la forza di un adulto. Godwin, da padre attento e premuroso [Federica sorride ironica e fa gesti con le mani], la addormenta con un fazzoletto imbevuto di cloroformio, e la fa portare nel letto, di peso, da Max. Questi, poggiandola sul materasso, ne scopre un seno, e i suoi gesti, nel ricoprirlo, si fanno immediatamente più lenti e titubanti, pur non osando sfiorarla. Poco dopo vediamo le domestiche spogliare Bella, ed il corpo di Emma Stone, pur splendido, nell’appartenere a Bella Baxter perde di ogni sensualità e carnalità – e se la pensate diversamente, la cosa ci preoccupa – tale è l’identificazione dell’attrice col suo personaggio.
La scoperta della sessualità di Bella e la critica ai tabù sulla sessualità
Al risveglio, per caso, Bella entra per la prima volta in contatto con la propria sessualità. La sua è una scoperta infantile, ingenua, non mediata da alcun tipo di preconcetto sociale. Infatti, poco dopo, durante la colazione nel salone di casa, prende candidamente a toccarsi, sentendo persino il bisogno di condividere la sua scoperta con la domestica, cui infila a tradimento una mano tra le cosce.
Poco dopo è Max a intervenire, dando vita ad uno dei primi scontri tra la sua supposta razionalità sociale e quella istintiva di Bella, che si domanda perché una cosa tanto bella e tanto gioiosa, debba essere repressa e così mal considerata.
Bella, nelle prime fasi del film, col suo comportamento perfettamente amorale, pone delle serie domande a proposito del concetto di umanità e di anima. Perché un attimo la vediamo giocare a rompere piatti, quello dopo colpire con una manata Max, quello dopo ancora, divertirsi ad accoltellare ripetutamente gli occhi di un cadavere, con tanto di “squish squish” gridato tra le risa.
In questa fase della sua esistenza, il cervello di Bella non è dissimile da quello di un qualsiasi cucciolo, di qualsiasi specie animale. Il suo unico interesse è dare sfogo alle proprie curiosità e ai propri istinti. E se in un bambino la cosa non ci stupisce né ci spaventa particolarmente, in quella che ci appare come un’adulta invece fa impressione. Perché stona, dando vita ad una percezione ego-distonica di Bella.
L’arrivo di Duncan Wedderburn
La rinascita, anzi, la “nascita” sessuale di Bella, persino precedente ad una completa formazione del suo sistema linguistico e posturale, ci porta all’introduzione del terzo personaggio fondamentale della storia. Duncan Wedderburn. Chiamato da Godwin per redigere il contratto di matrimonio tra Max e Bella, si lascia incuriosire da una donna il cui padre senta il bisogno di rinchiudere e limitare in un accordo matrimoniale estremamente dettagliato e limitativo, che la obblighi a vivere rinchiusa in casa e ad uscire o viaggiare sempre e soltanto con suo padre e suo marito.
Così, con l’inganno, si introduce nelle sue stanze e, scopertane la bellezza, mette immediatamente in atto i comportamenti più tipici del narcisista medio – attenzione, non stiamo parlando di persona affetta da disturbo narcisistico di personalità, ma certamente di un personaggio i cui comportamenti rientrano senza dubbio all’interno dello spettro del narcisismo.
Infatti mette immediatamente in scena un’immagine magnifica di sé, mostrando comportamenti audaci e ribelli, volti a solleticare le spinte centrifughe che qualsiasi persona avrebbe di fronte ad un’educazione genitoriale soffocante e oppressiva come quella di Godwin. E la pozione di Duncan, interpretato da un clamoroso Mark Ruffalo, sortisce i suoi effetti. Ma come succede in tutto il film, Bella non si lascia travolgere e trascinare come un’adolescente alle prime cotte. In lei manca l’idealizzazione del partner tipica dell’adolescente. Ancora domina invece lo spirito infantile, così schietto e naïve nella percezione del reale. Infatti, confessa a Godwin e a sé stessa di essere ben conscia che Duncan le farà del male, che la ferirà, che non si curerà di lei più che dei propri interessi. Ma al contempo le permetterà di esistere come individuo, di prendere delle decisioni proprie, di fare degli errori, anche rischiosi, di cui incolpare solo sé stessa.
Cosa rappresenta Bella Baxter
Lo stratagemma di mettere il cervello di una bambina nel corpo ben formato di una donna permette al personaggio di Bella di percorrere tutto l’arco di vita di un essere umano, con tutte le sue fasi, viste, interpretate e raccontate col candore e con la schiettezza di un bambino.
Praticamente è come se permettessimo ad una versione di noi di sette anni, di venire a trovarci nel futuro e commentare le nostre scelte personali e relazionali. Perché Bella è questa cosa. Il mondo degli adulti scandagliato, ispezionato e vissuto con la lente d’ingrandimento di una bambina piccola. E le brutture, le violenze, le assurdità della nostra società, risultano ancora più grottesche addosso a lei. Vedere un adulto fare sesso con una creatura così candida e infantile è concettualmente nauseante. Eppure, lo vediamo succedere una, due, dieci, cento volte. E nella nostra percezione quella grande dopo poco diventa lei. Quella razionale e sensata, in qualche maniera, diventa lei. Tanto che la manipolazione narcisistica di Duncan si rivolta molto presto contro di lui. Infatti, dopo un’iniziale soddisfazione dei propri piani e istinti, Bella sfugge completamente al suo controllo. Perché nella sua testa ancora non si sono formati quei preconcetti relazionali e sociali su cui la manipolazione fa perno. Perché in lei i ganci distruttivi di Duncan non trovano appiglio. E questo è un pugno dritto sullo sterno dell’ego dell’uomo, che invece di nutrirsi della distruzione della ragazza, si strugge nel vederla respingere e schernire ogni suo tentativo di dominazione. Bella è caotica nel suo agire, perché le mancano i presupposti sociali e relazionali, e in questo suo caos diventa indomabile, vaccinata rispetto a qualsiasi tipo di incatenamento mentale.
E dentro di lei, per doti innate e per esperienze fortunate e sfortunate, iniziano a formarsi categorie morali primitive ma salde.
L’incontro tra Bella e Harry
L’incontro con un personaggio, la cui permanenza sullo schermo è breve, ma estremamente significativa, la porta definitivamente fuori dalla casa del piccolo Buddha per scoprire il lato più oscuro e violento del mondo, quello del male, della sofferenza, dell’ingiustizia. Bella, spinta da Harry, un non-filosofo cinico conosciuto su un traghetto a vapore, viene a contatto con la povertà più nera, con la morte di bambini innocenti stroncati dal caldo, dalla fame e dallo sfruttamento. E lo fa guardando poco più lontano di quanto il ponte della crociera le avesse permesso fino a quel momento.
E questa visione accende con furia i motori della sua empatia, facendole maturare una concezione del mondo e della vita più matura. E Harry, nel suo nichilismo più nero, ammette di averla esposta a quella visione non per darle un’idea di cosa nel mondo vada migliorato e cambiato. Perché per Harry il mondo non si può né migliorare, né in alcun modo salvare. Harry le mostra quelle cose solo per ferirla, geloso di aver incontrato una persona così ingenuamente felice e convinta di poter cambiare il mondo.
E qui Bella gli dà una risposta che stordisce lui, e noi. Lei lo accusa di essere semplicemente un individuo spaventato dal male del mondo, che per non confrontarsi con esso decide di dargliela vinta e creare uno schermo di nichilismo e disfattismo che gli permetta di sentirsi persino saggio nella propria scelta di non agire, di non fare, di non essere.
Ed Harry tace, non risponde, semplicemente battuto da una considerazione così semplice eppure così precisa.
Considerazioni finali su Povere Creature
Il viaggio di Bella continua; Lisbona, Parigi, ancora Londra. E tappa dopo tappa la sua concezione del mondo e di sé si approfondisce, cresce, si particolareggia. E il suo viaggio, la sua crescita, da un lato di ricordano quello di Beau, il protagonista di “Beau ha Paura” il cui percorso però è inverso rispetto a quello di Bella, in una decostruzione del proprio “Io” che lo porta a tornare alla propria origine ed in essa estinguersi. Dall’altro invece portano la nostra mente alla storia di “Cuore di Cane” di Bulgakov, in cui ad un cane vengono trapiantati organi umani, con la conseguenza di iniziarne un percorso di umanizzazione deviata e distorta, pur nel linguaggio satirico e ironico di Bulgakov.
“Povere Creature!” è un film che apre un milione di questioni, e le affronta tutte senza certezze, senza giudizi, senza sentenze definitive, quasi solo per il gusto, sano, di porsi delle domande. Recentemente abbiamo criticato “The Holdovers” di accennare molte questioni senza approfondire o mettere un punto a nessuna di esse. Povere Creature fa qualcosa di molto diverso. È una storia on the road, in cui Bella osservando il panorama, e interagendo con esso, forma sé stessa ed il proprio universo. La sua indagine del mondo e del senso dell’esistenza è ammantata di una curiosità ingenua che ne diventa la più grande forza, perché la porta a esplorare l’inesplorato e affrontare il male immergendosi al suo interno con tutta sé stessa.
Le sue scelte estreme ci portano simbolicamente dentro realtà che temiamo o disprezziamo, ci fanno vedere la banalità del male, ci fanno sentire l’odore del disagio, le forme del malessere. E Bella si ferisce, sanguina, soffre, ma non cade, non muore, non si ferma, perché protetta da quella stessa ingenuità che la mette in pericolo. Non arriva mai a capire profondamente e interiormente perché le persone intorno a lei facciano e si facciano male fino a quel punto. E questa mancata interiorizzazione le impedisce di deteriorarsi e imbruttirsi, come sempre di più siamo tutti portati a fare quando messi davanti al male.
“Povere Creature!” ravana nei meandri del disagio umano e della distorsione sociale e da lì tira fuori tante piccole e meravigliose scintille di senso, lasciandoti, al termine della pellicola, con la piacevole sensazione di aver appreso qualcosa, se non sul piano logico e razionale, su quello istintivo ed emotivo.
I personaggi si evolvono, crescono, cambiano, si consumano e si distruggono, ognuno coerentemente col proprio percorso. E la chiave surreale in cui è raccontato il mondo, un po’ come nelle migliori opere di fantasia, rende ancora più intellegibile il messaggio, o meglio, i messaggi di fondo.
“Povere Creature!” è un’opera traboccante di significato, di cui è quasi inutile commentare regia e fotografia, tanto queste risultano straordinarie e perfettamente coerenti col tono della narrazione. E le musiche scendono in campo come vero e proprio personaggio aggiuntivo della storia. Toglierle o modificarle andrebbe a creare un vero e proprio buco – come succede in Napoleon, per fare un esempio – all’interno di un’opera in cui non rileviamo “difetti”.
Che non significa, ancora una volta, che si stia parlando dell’opera definitiva e perfetta. Stiamo semplicemente parlando di un’opera così coerente con la propria missione, i propri obiettivi e la propria natura, che il nostro regista e scrittore interiore non può far altro che alzarsi e applaudire Lanthimos e i suoi.
Per tutti questi motivi, incapaci di trovare un motivo per non farlo, diamo 10 su 10 a questo film, già da oggi serio candidato a vincere la classifica dei migliori film del 2024.
Potremmo e vorremmo dilungarci ancora molto ad approfondire tutti i temi trattati e introdotti in questa pellicola, ma per adesso ci fermiamo qui, consci che magari sarà qualche vostro commento, qui sotto, a stimolare ulteriori discussioni.