Past Lives: recensione film di Celine Song

Ci sono persone, al mondo, il cui tocco delicato fa di ogni gesto una carezza e di ogni verbo una poesia. Queste persone ci offrono dei punti di vista raffinati e preziosi, capaci di vestire storie semplici, storie umane, di un manto di meraviglia a tinte soffuse.

Oggi parliamo di Celine Song e della sua opera prima, Past Lives, un film delicato, sognante e raffinato in ogni sua parte, che prima ci porta a Seoul, e poi porta Seoul a New York, creando un incontro ed una commistione tra mondi lontani e diversi, che invece che scontrarsi, scelgono di mischiarsi, integrarsi e rispettarsi, diventando “uno” senza smarrire completamente le proprie identità uniche e originali.

La vita passata di Na-Young e Hae Sung

Past Lives è un film la cui storia sta tutta nel suo trailer, circa.

Na-Young e Hae-Sung sono amici/fidanzati ai tempi delle scuole medie, a Seoul. Il loro rapporto però è lontanissimo da quello che ci immagineremmo tra due ragazzini occidentali, si veste di tutta quella ingenua formalità più tipica delle civiltà orientali, che fa del loro rapporto qualcosa di particolarmente simbolico e significativo, nonostante la loro necessaria immaturità.

Dopo poco tempo, il destino arriva a separarli, perché Na–Young si deve trasferire negli Stati Uniti con la sua famiglia, dove ad un cambio di vita conseguirà, in qualche modo un suo cambiamento anche a livello di personalità. Infatti, cambia anche nome, americanizzando Na in Nora.

La separazione è accolta con apparente formalità dai due, il cui saluto risulta forzatamente freddo e scostante, ma non per un errore di scrittura o una leggerezza registica, al contrario.

Iniziamo a conoscere i nostri due protagonisti perfettamente per come sono, vincolati alla loro cultura, al loro tempo e alle loro usanze. E tutta quella formalità e freddezza, in realtà, funge da maschera per sentimenti che i ragazzini sentono e sanno di provare, ma che per uso, etichetta o costume, vietano a sé stessi di esprimere.

Il ricontatto

A questo punto del film, con Na-Young in America, la storia ha il suo primo timeskip, e ci porta a 12 anni dopo. I due dodicenni si sono trasformati in giovani adulti, ma il passare del tempo non ha cancellato quel legame psicologico che era venuto a crearsi e che, in qualche modo, sentono come se dovesse riunirli, un giorno, in questa vita o in un’altra.

Hae-Sung è cresciuto ed è diventato un giovane piuttosto affascinante, lo stesso dicasi di Nora, la cui formazione americana ha contribuito a farne una persona nuova e in qualche modo diversa. Ma non diversa abbastanza da non ricordarsi subito quanta alchimia ci sia tra lei e Hae Sung, quando lui la trova attraverso i social network.

E lì, come in una fiaba contemporanea, i due si ritrovano e riscoprono quella stessa fiamma che li univa da bambini.

Il loro sentirsi si fa costante e continuato, con quel desiderio di condividere le proprie giornate, i propri pensieri ed emozioni, ritrovandosi puntualmente per darsi il buongiorno come la buonanotte, sempre con quella piacevole sensazione di calore nel petto, come se i 12 anni passati non fossero che 12 giorni, o minuti.

Ma la realtà giunge presto, fredda, cinica, a rompere l’idillio, come una lama che spezza una corda.

I due non possono incontrarsi. Lui sembra aspettarsi che lei, in qualche modo, torni a Seoul, mentre lei si aspetta che sia lui ad andare a New York da lei.

E alla rottura delle reciproche aspettative, segue la rottura dell’idillio, lo spezzarsi della corda e la decisione, sofferta e necessaria, di allontanarsi. Di nuovo. Per altri 12 anni.

Il presente

Un periodo che infine ci porta alla contemporaneità. I due si fanno adulti, con tutto ciò che ne consegue, dalla realizzazione professionale a quella relazionale. Nora si sposa molto giovane con un uomo americano, un po’ per amore, un po’ per la green card, e allo stesso modo Hae-Sung comincia una storia con una ragazza di Seoul, che però scopriremo non volere e non potere sposare per via di uno stipendio troppo basso, che non permette all’uomo di garantire a lei e alla loro eventuale famiglia, lo stile di vita che reputa sia necessario lui possa offrire.

Nonostante il tempo, le reciproche storie e le reciproche carriere, 24 anni non sono bastati per rompere il filo che ha sempre unito i due ragazzi, convinti per questo di essersi amati in chissà quante altre vite, tanto che Hang-Seo si decide finalmente ad andare a New York a ritrovare la sua Na-Young.

E in parte la ritrova, quando i due si incontrano. In parte no. Perché Na è cambiata. È cresciuta. E ora è Nora.

Le loro interazioni sono cariche di imbarazzo e una dose di tenera formalità, rotta soltanto da Nora, che a differenza di Hae-Sung ogni tanto rompe la barriera fisica abbracciando calorosamente il ragazzo, che per questo rimane stupito, emozionato e a tratti paralizzato, non essendo abituato a questo grado di confidenza.

What if?

Come detto, però, Nora è sposata. E suo marito in qualche modo viene reso parte di questo ritrovo tra “anime gemelle”. Prima ne viene informato, e questo provoca in lui riflessioni e paure, come se sentisse di essere quello di troppo, il terzo incomodo che ostacola la realizzazione di un destino romantico ineluttabile. Poi ne viene coinvolto, quando partecipa ad un appuntamento in cui prima viene formalmente coinvolto, poi, da un certo punto in poi, viene quasi dimenticato, con i due che si perdono nei ricordi, nelle fantasie e nei “what if”.

“What if” che portano Nora, e suo marito, a domandarsi se il presente, la realtà, valga quanto le proiezioni e le possibilità, tracciando una linea nella loro storia.

Sono nel posto giusto?” – “Sono con la persona giusta?” – “Sono la persona giusta?” sono le domande che i due si fanno. E, paradossalmente, alla fine, ad avere i dubbi maggiori, le insicurezze più profonde, è il marito.

Scegliere

Tra Nora e Hae-Sung si viene a creare una tensione sessuale sottile, ma impossibile da ignorare. Eppure, Nora mette un muro. Trasparente, sottile, ma pur sempre un muro. E Hang Seo, differentemente da quello che ci aspetteremmo da un personaggio occidentale in una rom-com occidentale, quel muro lo rispetta.

Il pubblico, in gran parte, si aspetta che quel muro crolli, da un momento all’altro, riportando insieme due amanti che in migliaia di altre vite hanno coronato e suggellato il loro amore.

Ma non questa volta. Non in questa vita.

Nora e Hae Sung si salutano, probabilmente per sempre, in una scena dolcemente struggente, la cui stasi, all’apparenza così fragile, è invece marmorea e infrangibile. Perché il destino unisce le loro anime tanto quanto separa le loro strade.

Nora ama Hae Sung con la stessa intensità e forza con cui ama sé stessa, il proprio compagno e la vita che ha costruito per sé, e con lui. E la sua piccola tragedia è quella di amare un sogno, e la realtà, con la stessa intensità, trovandosi obbligata a scegliere.

E sceglie di permanere, invece che andare. Sceglie di restare, invece che trascendere.

Sceglie la realtà al destino. Conscia che per quello, avrà mille altre vite, mille altri sfioramenti, mille altri In Yun.

In questo racconto, in questa storia, così dolce e raffinata, troviamo il racconto di un mondo di valori e sensatezza, in cui personaggi così finemente tratteggiati, escono dai canoni occidentali di storia romantica, per immergersi in una prospettiva a noi esotica e distante, offrendoci una possibilità di un mondo diverso, fatto di costanza emotiva, responsabilità relazionale, e al contempo, onestà verso sé e verso le persone amate.

Considerazioni finali

La commedia è ora dolce, ora divertente, ma le risate, dedicate per lo più agli imbarazzi di Hae-Sung e alle insicurezze Arthur, ci fanno riflettere su aspetti caratteriali particolari, diversi, e in qualche modo, belli. Perché Arthur, pur innamorato di Nora, non la possiede, non la controlla, non le vieta nulla. E allo stesso modo Hae-Sung non è disposto a rompere il muro che lo separa da Nora, qualora questo rappresenti un dolore, una crisi, per la sua amata, per la sua donna del destino.

E in tutto questo, l’amore si compie comunque. Perché questo c’è, nella scelta di rinunciare l’uno all’altra, di rinunciare al destino.

Amore. Amore realizzato nella rinuncia, nella distanza, nella separazione. E proprio per questo, intenso, infinito, ineluttabile. Nora ama Arthur. Nora ama Hae Sung. Nora ama sé stessa e la propria vita. E questi amori, invece che combattersi e sfidarsi, invece di diventare gelosamente distruttivi, decidono di convivere.

Non senza dolore, non senza sacrifici, non senza rimorsi.

Ma nell’unica maniera possibile. Con tempi, luoghi e modi diversi.

Perché Na-Young e Hae Sung si sono amati e si ameranno in mille altre vite. Staranno insieme in mille altre vite. Ma non in questa.

Per questa, tra loro, rimarrà quel filo, quella corda, quel sentimento. Immerso in una realtà che li separa e li separerà. Probabilmente. Per sempre

Past Lives è un film delizioso, per scrittura, regia e interpretazioni. Che ci porta in un contesto tanto familiare quanto alieno, alle nostre percezioni e abitudini occidentali. E la delicatezza dell’autrice permea ogni dettaglio, ogni istante, ogni situazione del film.

Regia e fotografia sono perfettamente commisurate, così come le interpretazioni, che fanno meritare a questo film un bell’8,5, che va confermare e ad alzare il punteggio Hype che gli era stato assegnato in fase di preview.

Celine Song ci immerge in un contesto nuovo, diverso, e da questa diversità fa scaturire delle domande. Su di noi, sulle nostre relazioni, sulla nostra realtà, e sulle scelte che facciamo, quotidianamente e nei momenti importanti della nostra vita.

Nora e Hae-Sung ci mostrano la via per un amore diverso, immortale e perfetto, nella sua immaterialità, nella sua assenza di vincoli, possesso e consuetudine, che si celebra nel rito della mancanza più che in quello della presenza.

Past Lives è un film che vi consigliamo di vedere, perché vi sia di coccola e di tumulto, perché vi dia certezze e vi imponga domande.

Storie di persone, di relazioni umane, per scoprire come la violenza si nasconda nella normale quotidianità di tutti noi.

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