Godzilla e Kong: Il nuovo impero

Siamo andati a vedere Godzilla e Kong – Il Nuovo Impero.

Vi ricordate Pacific Rim? Era il 2013, e i trailer annunciavano un monster movie enorme, con combattimenti tra robot e kaiju, mastodontici, in grado di dare letteralmente i brividi a chiunque, un minimo, sia cresciuto tra Power Rangers, Daitarn 3, Godzilla e Kong.

Poi uscì il film.

Ed era una ciofeca. Ma non tanto per le scene di combattimento, che effettivamente erano abbastanza fighe. Ma per la melma narrativa in cui erano inserite e annacquate.

Per vedere delle sane scazzottate catastrofiche dovevi sorbirti una trama terrificante, dialoghi al limite dell’assurdo e in generale un’atmosfera pacchianamente nostalgica, fatta di personaggi stupidi, situazioni stupide e una generale insensatezza.

“Troppa trama!” direbbe il saggio.

Con Godzilla e Kong torniamo a guardare un monster movie dopo un po’ di tempo.

Ne sarà valsa la pena? O stiamo per cominciare un lamento cosmico su come due esplosioni e quattro cazzotti non giustifichino quasi due, lunghe, ore di film, proprio come fu per Pacific Rim?

Recensione spoiler free

Se togliete il fatto che la trama di questo film vada a giocare su tanti trope del complottismo mondiale, come la terra cava, i blogger mezzi pazzi che custodiscono la vera scienza, e i governi cattivi che vogliono nascondere la verità al popolo, beh, sì.

Ne è valsa la pena.

Questa recensione sarà completamente no spoiler, per il semplice fatto che, tolto quello che ti dice il trailer, che riassume a sufficienza la storia, non è per la trama che vai a vedere questo film. Ed è una consapevolezza che, se acquisita in tempo, a nostro modo di vedere, avrebbe aiutato molto anche la serie di Fast & Furious a non scadere sempre più nel kitsch, capitolo dopo capitolo.

Ma la familia… aaaaah la familia. Eh. La familia. Vabbè.

Ma torniamo a Godzilla e Kong.

Il film, come detto, crea un mondo in cui l’essere umano scopre di essersi illuso di conoscere davvero il proprio pianeta, per scoprire, ad un certo punto, di esserne solo un ospite piccolo e insignificante, e non certo la specie dominante.

E qui, un minimo, si prende contatto con il significato originale del Gojira giapponese, quello che abbiamo rivisto recentemente in “Minus One”. Ma da qui in avanti, stop. Il trattamento americano di Godzilla, Kong e gli altri, li spoglia completamente dei loro significati simbolici, per farne creature completamente volte allo spettacolo, all’azione e all’intrattenimento.

E, in questo senso, funziona tutto piuttosto bene.

Che un film si spogli di intenzioni e significati profondi, togliendosi proprio per questo ogni pretesa di consistenza valoriale, non è necessariamente un problema. Anzi. È una premessa che, se rispettata a dovere, ne può essere il motivo principale di successo.

Perché i film sui combattimenti tra Kaiju, se fatti bene, non invecchiano mai. E una serata al cinema per il puro intrattenimento, senza pensieri, può non avere prezzo.

Come abbiamo visto nel trailer, Godzilla a sto giro scopre l’Italia, Roma nello specifico.

Ed è una cosa che sta prendendo bene a molti registi americani, visto il numero consistente di film del genere usciti negli ultimi anni. Perché a New York piovono comete, razze aliene bellicose e Kaiju incazzati una settimana sì e l’altra anche. E i palazzi moderni come li butti giù li ricostruisci, ma l’Altare della Patria? Il Colosseo? Il Quirinale? Che fai? Li ricostruisci uguali?

Per non parlare della Venezia devastata in Spiderman Far From Home.

Le scene action ambientate tra monumenti e storia, prendono un gusto tutto diverso, particolare, insolito, che siano devastanti come in Spiderman, Fast X e Godzilla, o più delicate, come in John Wick, Mission Impossible o 007, che va addirittura nella meravigliosa Matera.

E vedere Godzilla farsi la cuccia nel Colosseo, come un gigantesco cagnolone, ci ha fatti ridere parecchio.

Godzilla e Kong – Il nuovo impero, si muove sulla sottile linea tra il trash e lo spettacolare, affiancando scene molto belle e persino affascinanti, come quelle che ci mostrano Kong ambientarsi nella terra cava, ad una trama “umana” certamente meno forte e coinvolgente. Ma che non supera il limite, non ci porta nel patetico, per esempio, di Jurassic World 3. Rimane lì, a fare da scheletro ad un racconto in cui la ciccia, la carne, ce la mettono i mostri. Kong e Godzilla, i protagonisti, sono ben caratterizzati e distinguibili, specie Kong. I loro caratteri ci arrivano, seppur stereotipatissimi, senza che parlino. La vicenda di Kong è coinvolgente e i combattimenti cui prende parte sono avvincenti, abbelliti da un’ottima regia ed una buonissima CG. Le espressioni del gigantesco gorilla – o forse dovremmo definirlo Gigantopiteco – gli conferiscono sentimenti che ci arrivano, e la società di scimmie con cui si deve relazionare, governata da Skar King, ha un suo fascino. Godzilla è più solitario e minimalista nel suo percorso, pura celebrazione della potenza più assoluta e cieca, che combatte per un bene superiore, senza curarsi minimamente delle vittime collaterali.

Volendo fare un parallelo politico, Godzilla potrebbe essere la celebrazione più completa del concetto di politica di potenza, quella per cui la grandezza sta nei fini, e non nei mezzi, che a quel punto sono sempre nobili e giustificabili, che questi comportino milioni di morti o meno, cambia poco.

Ma vogliamo restare senza pensieri, abbiamo detto. Quindi niente paralleli politici. Nessun simbolismo. Godzilla è grande, potente e figo. E fa dei botti straordinari. Perché non beve acqua e non mangia cibo. Lui si nutre di fottute radiazioni nucleari ed energia solare.

La dieta dei campioni praticamente.

Ed è così chad che, ad un certo punto, in sala, ci è venuta spontanea l’unica grande domanda che un intellettuale possa farsi in quei momenti:

Come se la caverebbe contro Goku? E contro Superman? E chi è più potente tra Goku e Superman?

Ditecelo nei commenti. Grazie.

E tra la sensibilità ed il senso di giustizia di Kong e la “menefregauncazzoiospaccotutto” di Godzilla, l’alchimia funziona. Un attimo li vedi pestarsi a sangue come nel film precedente, quello dopo li vedi combattere assieme contro Skar King & friends, e sei felice. Perché il film ti sta dando quello che ti aveva promesso. E lo sta facendo bene. Con un suo stile, una sua consistenza, ed un ritmo accettabile. Nel senso che si sarebbe potuto fare ancora di più. Si sarebbero potuti ignorare gli esseri umani ancora un pochino di più. Ma va bene. L’equilibrio regge. La costruzione tiene. E ti diverti.

Lato umani, le protagoniste principali sono la dottoressa Ilene Andrews, interpretata da Rebecca Hall, la Vicky di “Vicky Cristina Barcelona” di Woody Allen, e Jia, interpretata da Kaylee Hottle. Tra loro il rapporto madre-figlia è appena abbozzato, serve per mandare avanti la storia, ma non coinvolge mai. Anzi, volendo fare una riflessione seria, una madre non porterebbe mai sua figlia in un mondo, la terra cava, dove anche i fiori mangiano le persone. Ma proprio per nulla al mondo.

Ma come le riflessioni politiche, abbiamo decido di non fare nemmeno le riflessioni parentali, quindi bene così, andiamo tutti nelle terre selvagge armati di sassi e bastoni, cosa può andare storto? Morirà al massimo l’umano più antipatico, non ne faremo una tragedia.

A loro si affiancano i personaggi di Trapper, interpretato da Dan Stevens, il veterinario di Kong, e Bernie, il blogger svitato che con le sue teorie totalmente antiscientifiche salva puntualmente il mondo, interpretato da Brian Tyree Henry, a cui abbiamo voluto davvero molto bene in Bullet Train.

Ma i loro personaggi sono macchiette, utili a garantire al film qualche momento comico, qui e lì, senza mai la volontà di fargli prendere il centro della scena. Giustamente.

Perché gli attori protagonisti, qui, sono gli animatori di Godzilla e Kong. Punto.

E non ci sono riflessioni politiche e parentali che tengano.

Perché potremmo farle. Ma non le faremo.

Sto film è puro intrattenimento.

E così deve essere interpretato.

La struttura gerarchica della società delle scimmie vi ricorda la tirannia di una monarchia violenta e ingiusta, ma che in qualche modo garantisce un ordine e che quindi in esso si giustifica? Vorreste farne un paragone con la Libia di qualche anno fa?

No.

La figura di Kong, del padre buono dai modi severi, che in fondo è sensibile, ma che deve celare la propria sensibilità per essere la guida di cui il mondo ha bisogno, vi ricorda la figura dell’uomo forte, del padre di famiglia alla guida della nazione, che tanto andava di moda nella prima metà del novecento, e che ora sembra godere di una seconda giovinezza?

No, anche qui, no.

Lasciamo perdere.

Botte, esplosioni e sbronze di radiazioni. Questo film si esaurisce e si deve esaurire qui.

E per tutti questi motivi, il voto che gli diamo, è un bel 7,5.

Perché quello che vogliono fare, Godzilla e Kong, lo fanno bene. Le due ore scorrono serene e leggere. E all’uscita dalla sala sei spensierato e divertito. La computer grafica è buona, la regia dei combattimenti è buona, le vicende umane non distraggono troppo. Gli effetti sonori rendono. E succede tutto quello che ti aspetti che succeda. C’è anche il fattore tenerezza garantito dal mini-kong. E Skar King, pur non risultando memorabile come antagonista, ha il suo senso all’interno del quadro.

Storie di persone, di relazioni umane, per scoprire come la violenza si nasconda nella normale quotidianità di tutti noi.

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